La violenza della Dana, alluvione che ha colpito violentemente nei giorni scorsi Valencia, sembra essersi placata. Eppure le immagini delle auto impilate in posizioni innaturali, nelle corsie delle autostrade o a ridosso dei muri e immerse in parte nelle pozze di fango, sono un colpo dritto al cuore. Per chi le ha viste sui giornali, sul web e sui social ma soprattutto per chi ha vissuto il dramma spagnolo in prima persona. Per non parlare del numero di morti e dispersi.
A inizio anno avevamo raccontato la storia di Roberto, italiano trapiantato a Valencia, consulente in ambito startup. Dopo qualche mese lo ha raggiunto la compagna Silvia: ora vivono insieme in centro città, una zona che fortunatamente non ha subito danni dal maltempo.
L’alluvione degli anni ’50
Il motivo è strettamente legato, in realtà, a quanto accaduto nei giorni scorsi. Negli anni ’50 Valencia ha subito un’altra alluvione devastante in cui il fiume ha tracimato andando a scaricare una quantità enorme di acqua sulla città: morirono oltre 80 persone. Questi fatti hanno portato le autorità di allora alla decisione di deviare il fiume Turia: quello che allora era il suo letto, oggi è un “serpentone” verde che costituisce un enorme parco a Valencia. Ed è proprio la zona dove è stato deviato, quella devastata dalle piogge ingenti di pochi giorni fa. Un’area dove, a differenza del centro città, vive la maggior parte dei valenciani.
Valenciani che, a fronte di oltre 200 morti e tantissimi dispersi, non si sono persi d’animo e al grido di “El pueblo salva el pueblo” (“il popolo salva il popolo”, hashtag diventato ormai virale sui social) si sono armati di secchi e badili per ripulire e mettere in sicurezza le aree colpite.
“El pueblo salva el pueblo”
“La popolazione si è unita e sta cercando di risollevarsi – racconta Roberto – Tutti i giorni la gente prende un secchio e una scopa e cammina verso i paesi martoriati dall’alluvione, mettendo i sacchi della spazzatura intorno alle gambe perché non ci sono tanti stivali a disposizione. Questa risposta dei cittadini rincuora e dà forza, tra l’altro l’azienda in cui lavoro ha permesso a tutti di andare ad aiutare a scavare per alcuni giorni. Credo che sia un gesto bellissimo ma che rende anche l’idea di quanto sia sentita la situazione dal punto di vista solidale”.
Il clima sociale, in particolare il malcontento dei valenciani nei confronti dei politici, è ormai noto. Sono di pochi giorni fa le notizie dei reali di Spagna, in visita a Valencia, su cui la popolazione ha gettato fango e tutta la rabbia per quanto accaduto. E il primo ministro Sanchez è stato colpito da un uomo con un bastone, preso di striscio. Insomma, oltre alla devastazione portata dall’alluvione c’è anche la desolazione dei cittadini che non si sono sentiti tutelati dal governo.
Tornando alla situazione a pochi giorni dal disastro, Roberto prosegue: “Viviamo in centro città dove non c’è stato alcun danno, ma nei paesini a solo due fermate di metro come Picanya o Torrent le piogge sono state devastanti. Qui nei primi giorni avevamo una sorta di presagio nei supermercati che erano praticamente vuoti: la gente temeva di non avere scorte alimentari o di acqua a sufficienza perché la linea ferroviaria con Madrid e Alicante era bloccata, le autostrade avevano centinaia di auto scagliate ovunque dalla potenza dell’acqua. Le persone facevano tantissimi acquisti nei supermercati, per fortuna però anche per le donazioni perché sono stati attivati numerosi centri raccolta per viveri, acqua e abiti da destinare fuori città”.
Concerto benefico
Ovvero nei luoghi più colpiti dall’alluvione, dove gli stessi Roberto e Silvia si sono recati per dare una mano insieme a centinaia di volontari. Ma non solo, perché la band in cui suona Roberto ha organizzato un concerto solidale a favore degli alluvionati.
“Io suono nella band Naked Artist e avevamo in programma un concerto, poi rinviato a venerdì 8 novembre. Abbiamo deciso di renderlo un evento di beneficenza, tutti i proventi saranno donati per supportare le persone colpite dall’alluvione. L’evento di Valencia è stato per gli spagnoli un po’ come il terremoto de L’Aquila per noi italiani. Parliamo del peggiore evento atmosferico degli ultimi 70 anni, con l’alluvione è caduta in poche ore l’acqua che cade in un anno. Purtroppo il margine di tempo per evitare il peggio era limitato”.
E ora che le piogge sono passate, il rischio è legato all’igiene e alla salute dei sopravvissuti nonché dei volontari. “Nelle zone alluvionate sembra ci sia stata una guerra: auto sparse ovunque, in posizioni assurde contro i muri, fango che ricopre qualsiasi cosa. Più tempo passa e peggio è: il fango secca e quindi servono badili e picconi, è pieno di batteri che proliferano e quindi anche i soccorritori rischiano a livello di salute. Non so quanti anni ci vorranno per ripulire tutto e mettere in sicurezza gli argini del fiume esondato”.
Chi volesse dare un contributo donando può consultare le pagine web di Cruz Roja e Càritas Valencia.