L’entusiasmo di Martina Fantoni per l’esperienza che sta vivendo all’estero è qualcosa che traspare immediatamente dalle sue parole, oltre che dal sorriso stampato sul volto. Partita a fine 2019 da Bellagio (Lago di Como) per l’Australia, Martina si è trovata dopo pochissimo tempo l’ostacolo del lockdown ma non si è fatta abbattere. Decidendo, così, di andare a “scrivere il suo destino” come pasticcera in Nuova Zelanda.
“La decisione era stata inizialmente di partire per fare tre mesi in Australia e poi tornare a casa per la stagione estiva ma i piani sono cambiati, o dovuti cambiare. Sono voluta partire forse per ritrovare un po’ me stessa, per stravolgere un po’ le cose, perché amo viaggiare e perché il sole, le infinite spiagge australiane e l’esperienza mi è sempre stata descritta come qualcosa di inspiegabile e indimenticabile, da fare assolutamente. Ho deciso così di partire per imparare l’inglese, godermi l’esperienza e l’estate australiana. Non nego che la cosa un po’ mi spaventava, prendere un aereo per così tante ore da sola e viaggiare fino dall’altra parte del mondo era una cosa abbastanza grande per me. Ma non era la prima volta che mi trovavo a lasciare tutto e partire, essendomi già recata per lavoro a Londra, Parigi e per una stagione estiva in Sardegna, ma in ogni caso questa era l’Australia… non proprio a 2 ore di volo da casa. Emozionata e anche un po’ spaventata sono partita a fine novembre 2019 con volo di andata e ritorno per svolgere un corso di inglese in Australia appunto, ritrovandomi però a febbraio 2020 con un volo cancellato a causa del virus che pian piano si stava espandendo un po’ in tutto il mondo”.
Fare la pasticcera in Nuova Zelanda
E qui la decisione che ha condizionato gli anni successivi. “Vista la situazione in Italia ho deciso di contattare un amico che in quel momento si trovava in Nuova Zelanda, grazie al quale ho trovato lavoro e un posto dove stare: invece di prenotare un nuovo volo per l’Italia, che probabilmente sarebbe stato cancellato, e con la fine vicina del mio Visto in Australia, ho deciso di spostarmi qui in Nuova Zelanda. Ho quindi fatto domanda per un Working Holiday Visa e sono partita per una nuova avventura, senza idea di ciò a cui stavo andando incontro e senza nessun piano per il futuro. Ora posso dire che vivo in un posto che sembra un po’ casa, piccolino come Bellagio, pieno di culture e persone da ogni parte del mondo, ma senza nessuna distinzione. Ho poi ottenuto uno Sponsor Visa di 3 anni grazie al mio lavoro che mi permette di lavorare qui come pasticcera in Nuova Zelanda per tutto questo arco di tempo”.
Come tanti altri giovani italiani all’estero, anche Martina si è quindi ritrovata in un luogo praticamente sconosciuto a vivere il lockdown. Lontana da casa, dalla sua famiglia ma senza mai scoraggiarsi.
“Se non sbaglio il tutto è iniziato verso la fine di marzo, i casi stavano salendo con un numero però di totali casi non superiore di 200 in tutto il paese. È stato quindi deciso di mettere il paese in una prima allerta 3, per poi passare ad allerta livello 4, ovvero quarantena, il 25 di marzo. La paura non nego che ci fosse, forse presa un po’ più alla leggera perché comunque i casi non erano molti in confronto al resto del mondo e fin da subito erano ben tracciati. Anche il semplice gesto di andare a fare la spesa, vedere tutte le persone attorno con la mascherina e magari non potere abbracciare i tuoi amici che incontravi era una sensazione molto forte. Tutto era stravolto, si aveva la paura di un contatto che in realtà è cosa normale di ogni giorno. Dall’altra parte la lontananza da casa non ha di certo aiutato, sapere che chi vuoi bene sta passando questo momento da solo, o si trova a dover combattere il virus o semplicemente anche lo stress psicologico che da esso ne deriva, era il mio pensiero fisso. Non è stato facile, a volte avrei voluto essere lì, poter far qualcosa, anche se molto da fare non c’era. Nonostante ciò, abbiamo cercato di non buttarci giù, sostenendoci tra coinquilini e cercando di sostenere le nostre famiglie in Europa come si poteva. Abbiamo deciso quindi di fare della quarantena un momento che ci potesse lasciare qualcosa, invece di togliere. Abbiamo stilato un programma giornaliero che impiegasse le giornate in maniera costruttiva, con un po’ di esercizio fisico-mentale e pasti condivisi. Per me è stato un momento per ritrovare me stessa e dedicare tempo a ciò che magari nella quotidianità è difficile trovare modo di fare”.
Nel maggio 2021, quando la situazione è diventata più tranquilla, Martina è riuscita a concedersi un viaggio alle Cook Island. Ma non è l’unico posto che ha visitato nel Paese. Lavorando come pasticcera in Nuova Zelanda ha infatti avuto occasione di recarsi in diversi luoghi dell’isola, comprendendone meglio la cultura ma anche le differenze tra le metropoli e le piccole città che la costellano. Così come in Australia, nonostante il breve periodo che vi ha trascorso.
Pasticcera in Nuova Zelanda… ma non solo
“Per quanto riguarda l’Australia ho vissuto per tutto il tempo a Byron Bay, in New South Wales. Essendo lì per studiare inglese non ho avuto molto tempo per viaggiare ma ho avuto comunque la possibilità di fare un piccolo road trip con vari stop in parchi nazionali, città e spiagge fino a Fraser Island, considerata la più grande sandy island (isola di sabbia) al mondo. Quando poi ho deciso di spostarmi e lavorare come pasticcera in Nuova Zelanda ho preso un volo con partenza da Sydney, concedendomi qualche giorno nella capitale del NSW e una delle più grandi città australiane. Arrivando però da una piccola cittadina come Byron è stato un po’ difficile il confronto con i ritmi di una grande città, quindi ho passato la maggior parte del tempo cercando di scoprire i sobborghi, un po’ più tranquilli. Una volta arrivata e prima di iniziare a lavorare come pasticcera in Nuova Zelanda, quindi prima di traferirmi a Waiheke Island, ho trascorso qualche giorno ad Auckland dove, come a Sydney, non mi sono ritrovata più di tanto, forse per l’enorme differenza che c’è con le nostre città europee piene di cultura e storia. Qui la mia esperienza è stata invece più lavorativa, infatti sin da quando sono arrivata a marzo 2020 ho sempre lavorato. Iniziando con qualche giorno nei vigneti all’inizio della vendemmia, per poi passare a lavorare nei ristoranti. Se invece l’intento di chi parte è più quello di viaggiare, essendo la Nuova Zelanda un Paese abbastanza piccolo è molto facile spostarsi in macchina o con un van: questa è una delle soluzioni più facili perché vengono offerti molti campsite o luoghi dove poter passare la notte, dove la maggior parte delle volte si trovano bagni, acqua potabile e docce (fredde gratuite e calde a pagamento)”.
A proposito di esperienza lavorativa (non solo come pasticcera in Nuova Zelanda), l’Australia e la Nuova Zelanda sembrano prestarsi particolarmente per chi vuole trascorrere un periodo di diversi mesi ma anche per chi vuole “tentare la fortuna” con una carriera nel lungo periodo.
“Penso che un’esperienza in Australia e Nuova Zelanda possa aprire mille opportunità per gente della mia età. Inoltre in Italia siamo molto fortunati perché a differenza di alcuni Paesi abbiamo un numero di Working Holiday Visa illimitato, utilizzabile tra i 18 e i 30 anni. Un’età perfetta per viaggiare e scoprire cosa c’è al di fuori del nostro Paese. Più che dal punto di vista lavorativo, consiglierei questa esperienza sicuramente a livello di crescita personale. Trovo difatti che viaggiare possa aprire la mente verso nuove culture e stili di vita, possa metterci davanti a nuove e inaspettate situazioni, a sfide e opportunità. È un cambiamento enorme ma il momento in cui metti piede in un Paese diverso dal tuo, dove ti trovi circondato da persone diverse, una lingua che non è la tua ti da un’emozione che è inspiegabile. Se dovessi consigliare questa esperienza dal punto di vista lavorativo, probabilmente l’ospitalità è il settore più richiesto anche se con diversi standard rispetto ai nostri, oltre sicuramente al settore primario come agricoltura e viticoltura. In Nuova Zelanda è davvero semplice trovare lavoro, il mio consiglio è quindi di fare domanda per un Working Holiday Visa che concede di lavorare fino a 3 mesi per la stessa compagnia e sfruttare questa opportunità per provare diversi tipi di lavoro e allo stesso tempo per viaggiare e vivere in diversi posti” (nel suo caso come pasticcera in Nuova Zelanda).
Perché partire per la Nuova Zelanda
“Semplicemente di prendere un biglietto aereo senza pensare troppo. È normale avere paura e mille domande in testa, perché comunque quando decidi di andare in paesi come Australia o Nuova Zelanda devi considerare che sei a circa 1 giorno/ 1 giorno e mezzo di volo da casa, ma quello che ti aspetta è incredibile. Quindi penso che se come me hai questo desiderio di lasciare tutto e partire non devi pensarci troppo. Non sei mai solo quando viaggi! Ho incontrato un sacco di persone sempre disponibili, persone da ogni parte del mondo che condividono le loro storie con te dalle quali si ha sempre qualcosa da imparare. Se ciò che ti blocca è la lingua consiglierei quello che ho fatto io ovvero un corso di 3 mesi di inglese, ma non è fondamentale: ho conosciuto persone che hanno imparato la lingua semplicemente lavorando e viaggiando. Sicuramente vivere un’esperienza all’estero permette di conoscere meglio noi stessi, aprire la mente e capire che tutto sommato non siamo così differenti, con culture diverse sicuramente, ma pur sempre esseri umani. E sì a volte non sarà sempre rose e fiori, a volte manca casa, a volte ci si sente soli, ma tutto questo fa parte dell’esperienza. Difatti da questo sentirsi soli ho imparato molte cose di me stessa che non avevo mai pensato prima d’ora, lati del mio carattere che non sapevo di avere. Ho imparato a non avere paura ad essere sola, perché alla fine ovunque andiamo l’unica certezza che abbiamo è noi stessi. Casa diventa quindi una sensazione e non più un luogo, ci si può sentire a casa anche dall’altra parte del mondo. Viaggiare quindi per me è diventato più che muovermi verso una destinazione, muoversi verso un destino: conoscere posti nuovi e persone ma allo stesso tempo poter conoscere meglio me stessa“.
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