Se vi è capitato almeno una volta nella vita di andare negli Stati Uniti, avrete sicuramente notato che il cibo nei piatti è sempre abbondante. E forse questo termine non rende nemmeno l’idea, perché il mio primo pensiero quando una sera alle 23 ho ordinato un hamburger a New York (e per tutti i tre giorni successivi) è stato “esagerato“.
“Gli americani mangiano tanto”, mi era stato detto da diverse persone che si erano recate in altrettanto diverse zone del Paese. E questa frase mi è stata confermata anche da Valeria, la “nostra” Italian Dreamer che ha trascorso diversi mesi a Minneapolis.
“Le persone negli States sono estreme, o tutto o niente. Sono iper consumiste, purtroppo avanzano tantissimo cibo e non sempre mangiano bene” è stata la sua affermazione in merito. Le ho quindi chiesto se ci fosse una dieta più diffusa o un’abitudine alimentare particolare, per lo meno nelle zone in cui si è recata in questi anni, e la sua risposta è stata “la dieta chetogenica“.
“Niente carboidrati, ma se un alimento è considerato chetogenico non c’è limite calorico” mi ha spiegato. Quindi via libera ai grassi e alla carne, che per un americano si traducono in burger, bacon, lardo, fino a un intero barattolo di gelato perché “tutto è chetogenico”.
Una dieta che ho trovato quanto meno curiosa, dunque ho cercato di capirne di più con l’aiuto di un esperto. A chiarire cosa si intende per dieta chetogenica, quali implicazioni ha e come farla nel modo corretto è Alessandro Lazzati, biologo nutrizionista dello studio Fisiolario.
“Arrivare a zero carboidrati è praticamente impossibile, solitamente per dieta chetogenica si intende una dieta a basso contenuto di carboidrati (sotto i 100 grammi al giorno). Per entrare in chetosi si deve stare sotto i 50 grammi, una media di 30-50 grammi al giorno fino ad arrivare a 10. Si mangiano prodotti di origine animale: carne, pesce, uova, verdura e olio extravergine; in protocolli molto drastici (ovvero diete a bassissime calorie, ad esempio per il trattamento dell’obesità) si ha un’integrazione con proteine in polvere. Sono diete molto ristrette, quando non si è in deficit calorico si abbonda con i grassi (avocado, noci).
Ma queste diete non vengono utilizzate solamente per il dimagrimento fine a se stesso, per le più diverse motivazioni legate ovviamente al benessere della persona. Le chetogeniche sono infatti diete con una ricerca molto ampia, da utilizzare non tutti i giorni ma in determinate condizioni. Dal 1920 si è ad esempio studiato il legame tra dieta chetogenica ed epilessia farmaco resistente nel bambino. “I chetoni riescono ad agire sull’epilessia, perché producono un’energia migliore a livello mitocondriale. Quando noi siamo in deficit di carboidrati, il corpo deve usare un’altra forma di energia; ma abbiamo dei tessuti che hanno bisogno di carboidrati, i grassi fanno fatica a essere “appetibili” e quindi il corpo prende il grasso che abbiamo e lo trasforma in corpi chetonici (molecole) che riescono a dare energia al nostro corpo. Questo tipo di energia ha anche un effetto ormonale, agisce su determinati recettori implicati nel processo infiammatorio: da qui deriva l’effetto antinfiammatorio della dieta chetogenica”.
Inoltre, si sta valutando se queste diete possono aiutare le persone che presentano alcuni tipi di tumori, ma è ancora tutto in fase di studio. Alcuni tipi di dieta chetogenica sono stati usati poi per il trattamento della sclerosi multipla, appunto per il loro effetto antinfiammatorio.
Ma, come detto, questo regime alimentare è molto severo e presenta implicazioni sociali e culturali. “Iniziando questa dieta si tagliano i carboidrati e il corpo ne consuma le riserve, dopo tre-quattro giorni inizia a utilizzare i corpi chetonici e quindi si entra in chetosi. A questo punto ci si trova in uno stato definito chetoflu che può provocare nausea, mal di stomaco, giramenti di testa, debolezza, stanchezza. Il problema è sociale perché stando in chetogenica si devono evitare i carboidrati: anche mangiando solo una fetta di torta, magari mentre si è fuori con gli amici, si esce dallo stato di chetosi e si deve ricominciare da capo”. Inoltre, se lo stato di chetosi si protrae nel tempo può portare a insulino-resistenza.
Ma le criticità di tale regime alimentare non finiscono qui. “La chetogenica non promuove una grande diversità a livello di microbiota (i microbi che abbiamo nel corpo). Ancora, non è una dieta particolarmente sostenibile: essendo molto povera di cereali e di legumi, si consumano molti prodotti animali (carne e pesce) tutti i giorni e quindi dal punto di vista ambientale ha sicuramente un impatto. Non è comunque giusto dire fa bene o fa male in assoluto, per ora non è vista come dieta d’elezione per il lungo periodo”.
La chetogenica è una dieta suggerita, infatti, per persone che hanno difficoltà a dimagrire o sono in stato di obesità, per chi soffre di ovaio policistico o chi ha particolari esigenze e non soffre di disturbi del comportamento alimentare. “Però bisogna sempre capire se la persona “tollera” quel regime alimentare, io solitamente do un regime di 21 giorni da seguire ai miei pazienti. La dieta chetogenica a basso apporto di calorie non è assolutamente da dare a chi soffre di insufficienza renale o epatica, chi ha avuto problemi cardiovascolari nell’ultimo anno, soggetti fragili sopra i 70 anni e bambini, donne in gravidanza o allattamento”.
Come mai è così diffusa? “Ci sono molti canali che la pubblicizzano, così come tante altre diete. Il problema delle diete è che ne escono sempre di nuove, diventano di tendenza perché vengono decantate come le migliori ma spesso i loro effetti vengono esagerati. La chetogenica ha diversi studi che ne comprovano le qualità ma è più suggerita nel breve periodo e per determinati problemi, non per un regime alimentare di tutti i giorni. In generale, comunque, bisogna sempre abbinare la giusta nutrizione a uno stile di vita sano“.
A proposito di tendenze, nel discorso sulle diete sono implicati anche i social. Diversi influencer pubblicizzano regimi alimentari, metodi per dimagrire, prodotti che vengono sempre più richiesti dai follower. “Purtroppo si punta quasi sempre sull’emotività, perché fare una dieta è difficile e richiede impegno – conclude Alessandro – Mentre sui social spesso si pubblicizza una sorta di “pillola magica”, che costa sempre tantissimo. Credo che ci sia un fattore commerciale, molte volte senza un’evidenza medica: si spendono soldi inutilmente e si può arrivare ad avere seri problemi di salute, soprattutto se una persona soffre di disturbi dell’alimentazione”.